Torre del Porto
La torre ha forma ottagonale, molto diversa dalla maggior parte delle torri isolane di classica forma cilindrica. La forma prismatica denuncerebbe la sua origine catalana e si ricondurrebbe al modello della torre di Porcuna (Jaén), risalente al 1435. È alta 16 m e larga 15; ogni lato misura 5,8 m; la base ha zoccolo a scarpa alto 1,8 m.
La torre del Porto si sviluppa su tre piani: cisterna, alloggio, a 7 m dalla quota base, e terrazzo. L'alloggio ha un perimetro circolare con al centro un pilastro di sostegno e il soffitto risulta costituito dalla combinazione di una volta stellare con una crociera costolonata. Nella muratura di questo ambiente, si possono osservare due troniere, un caminetto e due rampe di scale. Superiormente, si trova la garitta e un sistema di nuclei murari sporgenti, retti da mensole.
La torre fu costruita nel luglio 1325 dall'ammiraglio Carroz, che aveva occupato Porto Torres con la flotta aragonese. Dopo aver realizzato un primo accampamento, fece costruire una cinta di mura protetta da una torre e un fossato. Nella stessa epoca fu sistemata la nuova guarnigione nel vicino castello di Monteforte.
Già nel 1407 l'Erario dovette chiedere un prestito per pagare le guardie della Torre del Porto. Nel 1423, il re d'Aragona, Alfonso V, promulgava la Carta Reale per la parziale riedificazione e riparazione del fortilizio. Successivamente la torre perse importanza, soprattutto in seguito all'ufficiale trasferimento del vescovo da Porto Torres a Sassari nel 1441. Nel 1487, per ordine del viceré venne comunque riarmata e dotata di soldati a spese della città di Sassari.
Fra il 1538 e il 1553 si ebbe la maggior concentrazione di assalti di barbareschi contro Porto Torres e la relativa richiesta, da parte di Sassari, di un migliore
sistema difensivo. Ancora nel 1583, in sede di parlamento, si lamentava la mancanza di riparazioni della torre. Solamente nel 1628 furono registrate opere di restauro. Nel 1637 furono eseguiti dei sopralluoghi che notarono il mancato completamento dei lavori: la piazza d'armi della torre era così ingombra di macerie che l'artigliere era impossibilitato nella manovra delle bocche di fuoco in caso di combattimento. Nello stesso anno, nonostante ci fossero ben 12 soldati, la torre fu occupata e danneggiata dai corsari di Biserta, che saccheggiarono anche la basilica di San Gavino. Finalmente nella seconda metà del 1637 furono eseguiti dei restauri a cura del mastro Cinquina; altri ancora nel 1682, nel 1694 e altri modesti lavori nel 1720.
Nel 1761 fu nominato dalla città di Sassari l'ultimo "alcaide", cioè il capitano della torre, seguendo una consuetudine che risaliva al 1557, quando Sassari ebbe il privilegio di assegnare la carica, di contro alla designazione regia. Nel 1818 la carica di alcaide venne soppressa.
Il Palazzo di Re Barbaro
I grandiosi resti monumentali, ancora in gran parte da mettere in luce, appartengono ad un complesso termale a carattere pubblico databile, in base ai mosaici ed alla tecnica edilizia, all'inizio del III - fine del IV sec. d.C.
Le imponenti emergenze sono rimaste sempre visibili nei secoli, stimolando la fantasia popolare che le interpretò come le rovine del palazzo di Re Barbaro che, secondo la tradizione, condannò a morte il martire Gavino.
Le terme centrali (Palazzo di Re Barbaro) sorgono principalmente nell'area destinata al Parco Archeologico ed occupano un isolato delimitato da porzioni di strade urbane pavimentate con lastre di trachite.
All'interno del Parco Archeologico è possibile visitare una interessante domus (casa privata), particolare per la collocazione, per la distribuzione degli ambienti e per i mosaici rinvenuti, attualmente in fase di restauro.
Il Ponte Romano
Il Ponte Romano si sviluppa per 135 metri in direzione est-ovest con la notevole larghezza di circa 8 metri. Poggia su sette arcate a sesto ribassato con raggio decrescente da ovest verso est, adattandosi alla morfologia del terreno.
Il ponte fu costruito in opera quadrata, con blocchi di calcare estratto dalle cave locali e con rinforzi di trachite nelle parti immerse, che assicuravano la conservazione dei piloni muniti di speroni per la regolazione del moto delle acque.
Fra le due arcate maggiori (ad est) sono visibili due nicchie forse destinate ad accogliere le statue delle divinità fluviali. Interessante notare il bassorilievo
scolpito sul concio della chiave di volta della prima arcata da ovest sul fronte meridionale, nel quale è raffigurato un cantaro poggiante su una struttura architettonica non ben definita e sovrastato da due protomi feline: questa raffigurazione potrebbe rappresentare un simbolo importante della città, che attende ancora di essere studiato. Il monumento, ancora conservato, è stato chiuso al traffico negli anni '80 e risulta databile, per confronto con due strutture simili, ai primi anni del principato di Tiberio (primo ventennio del I sec. d.C.).
Necropoli di Su Crocifissu Mannu
La Necropoli preistorica di sepolture ipogeiche del tipo a domus de janas è posizionata in un'area di circa due ettari situata a 5 km da Porto Torres.
L'area è costituita da 22 tombe, con planimetria varia e tutte pluricellulari (con più ambienti), poste sulla sommità di una collina rocciosa calcarea. Le sepolture sono in prevalenza caratterizzate da ingresso a pozzetto e più raramente da un corridoio discendente, talvolta particolarmente sviluppato in lunghezza (dromos). In diversi settori del pianoro calcareo nel quale sorgono le tombe, sono visibili profondi solchi paralleli, che spesso si intersecano quasi come gli scambi ferroviari, e sono stati interpretati quindi, come carreggiate preferenziali nelle quali passavano dei carri trainati rudimentalmente, che trasportavano materiale da costruzione cavato in loco ed utilizzato per la costruzione degli edifici di età romana di Turris Libisonis.
La Basilica di San Gavino
E' la più grande e la più antica delle chiese romaniche della Sardegna.
Costruita a cominciare dall'abside orientale nel 1030 da maestranze pisane chiamate dal Re Giudice di Torres o Logudoro (dal sardo Locu de Torres) di nome Comita, si estende per una lunghezza di 58,40 metri racchiudendo uno spazio sobrio ed elegante diviso in tre navate, di cui quella centrale si conclude ad oriente ed occidente con due absidi. La particolarità delle due absidi affrontate costituisce la caratteristica principale della Basilica che ha dato luogo a numerose discussioni nel secolo appena trascorso, sia per la peculiarità, sia per stabilire quale delle due absidi sia stata costruita per prima. Un esame attento degli scavi effettuati in Basilica nel 1614, attraverso un diario manoscritto dei lavori, la lettura del paramento murario dopo importanti restauri permette di stabilire che l'abside occidentale venne costruita per la necessità di ampliare il tempio i cui spazi interni furono condizionati fortemente dal ritrovamento dì un "Martyrium"
(o Memoria Martyrium). Dopo Comita, continuò nell'impresa di costruzione della nuova chiesa suo figlio Barisone I, ma toccò a Mariano di Torres e all'arcivescovo Costantino di Castra inaugurare la Basilica nel 1080.
Il Museo sorge sull'area archeologica della città che conserva i resti del grandioso "Palazzo Re Barbaro". L'Antiquarium Turritano ospita una straordinaria raccolta di reperti provenienti dalla stessa area e dai numerosi siti presenti sul territorio, dove sorgeva la splendida colonia romana di Turris Libissonis.
Il museo si sviluppa su due livelli, proponendo un percorso ricco e ordinato che orienterà il visitatore in modo facile e gradevole. Al piano terra un grande plastico, riproducente l'attuale centro urbano, illustra con chiarezza le dinamiche topografiche della città antica, agevolandone quindi l'esplorazione. Le prime vetrine ospitano materiali provenienti dalle necropoli. Si tratta sopratutto di corredi funerari, composti da vasellame vario e da oggetti personali e simbolici di natura e foggia diversa. Durante i lavori di costruzione del museo sono stati lasciati in evidenza i resti relativi a un piccolo impianto termale, pertinente forse a una domus con relative vasche termali. Una sezione del museo è invece dedicata ai rinvenimenti subacquei (per lo più ancore e anfore) recuperati dai numerosi resti di navi onerarie affondate nel Golfo, e in particolare dal relitto di Cala Reale nell'isola dell'Asinara